Mag 1, 2012
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Il pero sul Colle

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Ovvero: “Che gli si dice agli italiani il primo maggio?”

By Cybergeppetto

In questo paese in cui schiere di ragazzini affollano i casting dei reality show, il lavoro è diventato come il sesso: più se ne parla e meno se ne fa…

La voce grave del Presidente della Repubblica, evidentemente in amnesia sul suo passato, ci ricorda che la crisi è tale che impone “la cooperazione tra le forze sociali e le forze politiche” e che quelli di oggi “non possono essere più i tempi di una contrapposizione lacerante e paralizzante, di una frammentazione in un dedalo di interessi e pretese particolari“.

Sembra quasi che il nostro oratore sia caduto da chissà quale pero dei giardini del Quirinale, come se non lo sapesse che l’Italia è quel paese che, dalla fondazione della repubblica, è stato dilaniato da lotte di tutti contro tutti in nome di tristi ideologie buttate nel cesso dalla Storia.

Il primo maggio è una festa ideologica che ci ha regalato Togliatti anche se non avevamo la piazza rossa, gli italiani irreggimentati nei grandi sindacati la celebravano come i servi della gleba osannavano il loro signorotto, gli altri se ne fottevano andando in gita o in camporella.

Rialzatosi da terra, a pochi metri dal pero quirinalizio, il nostro Cicerone fuori tempo massimo arringa i suoi accoliti: “Basta arroccarsi su conquiste del passato, si devono riformulare le proprie ragioni“. Non se lo ricorda, il poverino, che lui e i suoi amichetti si sono arroccati sulle proprie posizioni per protestare contro la NATO, contro la scala mobile, contro gli euromissili, contro la riforma delle pensioni, contro la riforma della Costituzione. Ancora pochi mesi fa, saldamente sul ramo del pero, assisteva silente alla guerriglia che doveva sfinire un governo legittimamente eletto, ma che mai avrebbe potuto alzare le tasse o riformare le pensioni.

Colui che oggi saggiamente ci dice che ogni “posizione difensiva o nostalgica è perdente“, dove stava quando nel 1994 un imponente sciopero fece crollare, sui temi delle pensioni e del lavoro, il governo di allora? Sopra il pero, temo.

Vorrei plaudire alla saggezza delle sue parole di stamane, quando ha dichiarato: “In tempi di crisi come quelli che stiamo attraversando e attraverseremo nei prossimi anni, ogni posizione puramente difensiva o nostalgica è perdente” o, meglio, ha sostenuto che bisogna “mirare a un benessere diversamente concepito dal modello del secolo scorso“. Vuoi vedere che, prima di cadere dal pero, la pensava diversamente?

Vorrei sottolineare la giustezza dell’affermazione “Non c’é alternativa all’attuazione di riforme strutturali“, ma chi lo dice appartiene a una generazione che non ne ha fatta nemmeno una, a parte quelle che hanno portato alla contrapposizione tra enti locali e governo centrale, con i risultati che sappiamo.

Mi piace udire la frase”togliere il marcio dai partiti”, ma non era forse marcio quel partito che campava sui soldi di una potenza straniera, mentre i nostri genitori sudavano dalla mattina alla sera?

Sono molto contento nel sentire che “non c’é alternativa al proseguire con intatta determinazione nell’impegno per il pareggio di bilancio e per un deciso, sistematico abbattimento del debito pubblico“. Ma mi piacerebbe che chi ha avuto pesanti responsabilità nel gestire la cosa pubblica, rimpinzandola di persone inutili per i propri tornaconti, si togliesse dai piedi, un bella fascia al braccio per dirigere il traffico davanti alle scuole sarebbe meglio di certi discorsi.

Cybergeppetto

p.s. “Papà, hai sentito che bel discorso ha fatto il Presidente”. “Sì, certo, ma deve aver cambiato idea, almeno rispetto a quando lui avrebbe dovuto fare le cose che gli dicevano i presidenti che sentivo da bambino. Però all’epoca aveva un’idea meravigliosa in testa, sarà rinsavito, meglio tardi che mai…”.

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Il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo è tratto da Wikipedia

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