Gen 3, 2013
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Guardiamo in faccia la realtà (parte III)

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segue dalla Parte II

By Vincenzo Ciaraffa


Distacco dalla realtà

Fu così che nacque un ircocervo politico che non trovava precedenti nelle democrazie occidentali e che si potrebbe definire “democrazia ereditaria”, cioè il potere a esclusivo appannaggio di un solo partito, la Democrazia Cristiana, che  – quando non aveva  i voti per poter governare –  ricorreva al mercato delle vacche con le opposizioni, mercato dove si vendeva di tutto, compreso ideali politici, posti di lavoro, erogazione clientelare di pubblico denaro, pensioni per invalidità fasulle, eccetera.

Anche in quel caso nessuno volle vedere un’affiorante realtà: ciò che si stava costruendo non era la democrazia ma il presupposto fondante di quella “dittatura del sistema” che oggi ci sta svuotando le tasche, della linfa vitale della passione politica, delle energie morali e della fiducia di poter costruire un domani migliore.

D’altronde, non ci si poteva aspettare nulla di meglio da un consesso che si trovò a decidere su molteplici aspetti della vita del popolo italiano senza possederne le competenze. Quando, ad esempio, si trattò di affrontare in seno alla Costituente il tema della difesa nazionale, essi ne tennero fuori i vertici militari (eravamo a qualche anno dall’8 settembre 1943 …) e il dibattito su di un argomento fondamentale per la sopravvivenza della nazione fu animato, invece, da Palmiro Togliatti, Sottotenente di Complemento riformato della Grande Guerra, e da Aldo Moro, che esordì dichiarandosi antimilitarista.

Il primo si oppose al volontariato perché era «La rovina di una società e la rovina dello Stato», il secondo perché «La gerarchia militare soffoca la dignità della persona umana». Neppure loro due vollero vedere la realtà di ciò che era accaduto: la guerra appena finita era stata provocata da regimi che non possedevano eserciti di mestiere (gli uomini occorrenti, per mettere insieme un esercito da II Guerra Mondiale si potevano trarre soltanto dalla leva!), e che a soffocare la dignità degli italiani per vent’anni avevano contribuito l’ignavia e gli errori della generazione politica alla quale entrambi appartenevano.

Dopo aver subito cinque guerre in mezzo secolo, era fatale che gli italiani mettessero la Costituzione a dormire in un cassetto e pensassero esclusivamente a costruirsi un po’ di benessere: lo chiamammo boom economico mentre, in effetti, avremmo dovuto chiamarlo “Lo Stato fuori dalle balle”.

Sì, perché se fossimo stati capaci di guardare la realtà, avremmo capito le vere ragioni di quel boom economico, ma lasciamo che le sintetizzi ancora Andrea Giovene: «La burocrazia cominciava a ricostruire appena i suoi quadri; la legge penale aveva minimo imperio; la civile e l’amministrativa, nessuno; cosicché i tre classici avversari dell’italiano, il Comune, la Provincia, lo Stato lasciavano finalmente campo libero al costume».

Tra alti e bassi, gli anni passarono, i problemi degli italiani crebbero e la classe politica raggiunse picchi d’impudenza inauditi. La sera del 17 febbraio 1992, partendo dall’arresto del tangentiere Mario Chiesa, i magistrati del tribunale di Milano provarono a dare una resettata (anche se, poi, ci prenderanno gusto …) alla moralità politica della Prima Repubblica, convinti, probabilmente in buona fede, che ciò avrebbe favorito la palingenesi del Paese.

Vincenzo Ciaraffa

segue ultima parte, Parte IV

Foto: egittologia.net

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