Feb 7, 2005
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Convegno, l’informazione e la nuova Nato

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pubblicato da Pagine di Difesa il 7 febbraio 2005

Trasparenza e collaborazione. Questi i concetti cardine evidenziati nel corso dell’incontro “L’informazione e la nuova Nato” tenutosi al Circolo della Stampa di Milano lo scorso 24 gennaio. L’iniziativa – promossa dalla Associazione lombarda dei giornalisti (Alg) con la collaborazione del presidente dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, Franco Abruzzo, e il presidente del Circolo della Stampa, Giuseppe Gallizzi – aveva il duplice obiettivo di evidenziare i problemi relativi ai rapporti tra i media e le istituzioni militari e di definire la trasformazione della Nato dopo la Guerra fredda e l’11/9.

L’attenzione si è concentrata su un tema di particolare attualità visti gli ultimi avvenimenti, quale la libertà di informazione e il ruolo dell’embedded, cioè la figura di giornalista inserito nel reparto militare. “Esistono rischi e per i media ci vuole una cornice di sicurezza” ha affermato il generale di corpo d’armata Mauro Del Vecchio, comandante del Nato Rapid Deployable Corps di Solbiate Olona, intervenuto dopo che il giornalista e scrittore Ettore Mo aveva parlato del rapporto di reciproca fiducia sempre instaurato con i militari nelle aree di guerra. “Se i militari – ha dichiarato Mo – facilitano il nostro compito, allora possiamo raccontare cose interessanti; mi auguro che ci sia sempre collaborazione, come c’è stata con me dal Libano all’Afghanistan”.

“La situazione – ha detto Monica Maggioni, inviata del Tg1 della Rai, in collegamento telefonico da Baghdad – è davvero complicata: non si può uscire e il nostro lavoro ora è diverso da quello che siamo abituati a fare. Dobbiamo stare blindati e tra colleghi ci chiediamo se valga la pena restare”. E a proposito del suo impiego da embedded con le truppe statunitensi in avvicinamento a Baghdad nel 2003, Maggioni ricorda che “il controllo con me era allentato, così ho potuto raccontare molto”.

Le ha fatto eco Toni Capuozzo, inviato del Tg5, che al telefono ha confermato le difficoltà nello svolgere il lavoro di giornalista in una Baghdad in procinto di votare nelle prime elezioni del dopo-Saddam: “Le condizioni di libertà di informazione sono ai minimi termini”. Per un giornalista è frustrante non poter accedere alle informazioni, “ma durante la prima Guerra del Golfo – ricorda Mo – non si poteva uscire e non ho mai visto militari statunitensi morti o feriti”.

Per i militari presenti, che si dichiarano orientati alla trasparenza, è importante creare la cornice di sicurezza agli operatori dell’informazione che vengono inseriti nel contingente. A testimonianza di questo interesse lo scorso mese di novembre si è tenuto a Roma il primo corso per giornalisti inviati in aree di crisi e di guerra organizzato dallo stato maggiore della Difesa e dalla Federazione nazionale della stampa italiana. E’ stato ricordato dall’ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, responsabile dell’ufficio generale del capo di stato maggiore della Difesa, con queste parole: “Al ministero della Difesa sentiamo la necessità di trasparenza con i media e per questo intendiamo ripetere l’esperienza fatta per la prima volta lo scorso anno con una trentina di professionisti. Il feed-back della sua utilità ci viene dato dagli stessi utenti”.

A lavori finiti rimane il dilemma se l’embedded sia o meno la soluzione giusta: da una parte il suo ruolo di giornalista appare frustrato in virtù della sicurezza, dall’altra potrebbe rischiare di farsi coinvolgere dallo spirito di corpo della truppa e dalle vicende umane con cui entra in contatto all’interno del contingente. Una simpatia, intesa come sentire comune, che violerebbe l’obiettività dell’informazione.

Dal Vietnam fino alla seconda guerra del Golfo si è potuto assistere a molte trasformazioni della stessa figura dell’embedded. Così come molto è cambiato sullo scenario mondiale e in seno alla stessa Nato, che da struttura difensiva è passata all’idea più allargata di struttura di stabilizzazione per tutte le aree di crisi. “Molto è cambiato nel rapporto tra cittadini e uniformi e mi auguro che i media insistano a parlare di aspetti civili e politici della Nato” ha concluso Maurizio Andriolo, vicepresidente dell’Inpgi e promotore dell’incontro.

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