Mar 17, 2008
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Kosovo, due pogrom a confronto: 17 marzo 2004 – 17 marzo 2008

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Nell’anniversario del primo pogrom di marzo contro i serbi eccone pronto un secondo, più curato nell’aspetto in quanto condotto sotto un’aura di legalità e internazionalità.

chiesa ortodossa Se quattro anni fa i serbi vennero attaccati dall’etnia albanese sotto gli occhi della Nato e delle Nazioni Unite per un motivo ancora non chiarito (l’uccisione dei bambini albanesi nel fiume Bistrica sembra infatti che abbia proprio una regia albanese e non serba), oggi gli stessi serbi vengono attaccati una seconda volta.

Ma non più con sassi e bottiglie incendiarie per distruggere case e monasteri serbi (35 monasteri ortodossi distrutti e 800 case serbe bruciate), bensì con le manette del Kosovo Police Service (Kps), la polizia di Unmik.

Stamane infatti a Mitrovica la Kps è intervenuta per arrestare una cinquantina di serbi insediatisi nel tribunale che dallo scorso venerdì 15 marzo protestavano pacificamente e disarmati, occupando i locali dove lavoravano fino al 1999 e da dove sono stati rimossi da Unmik che vi ha insediato i propri funzionari. Il problema principale è stato la folla all’esterno, che avrebbe indirizzato colpi d’arma da fuoco contro gli internazionali.

Intanto quei serbi sono disoccupati da otto anni e mezzo.

Perché Unmik non li ha reintegrati nelle loro posizioni pur inquadrandoli nell’internazionalità della missione? Se avessero avuto il loro lavoro oggi quei serbi non avrebbero messo a rischio la loro vita quotidiana esponendosi a un arresto e a un trasferimento per il processo a Pristina, dove gli albanesi sono il 100%. E non avrebbero neppure recato disagio a Kps e Kfor o messo in allarme il governo di Pristina, spingendo il fiero primo ministro Hashim Thaci a supplicare l’intervento di Unmik contro gli “hooligans” già sabato scorso.

Una richiesta così accorata da parte di chi oggi disprezza la violenza “da qualsiasi parte provenga” che Joachim Ruecker, rappresentante del segretario generale dell’Onu in Kosovo, ha dato il via alle 5.30 di stamane all’operazione di sgombero del tribunale.

Thaci e il suo governo possono ora stare tranquilli.

L’ordine è stato ricostituito e confermato con un comunicato stampa del vice portavoce di Unmik e del comandante di Kfor che accusano i serbi di aver violato la risoluzione 1244. Questo perché chi di loro protestava fuori dal tribunale avrebbe esercitato “violenza letale”. Nel pomeriggio di oggi è intervenuto anche il ministro degli Esteri italiano Massimo D’Alema esortando Belgrado alla pacificazione.

Un modo sottile per eliminare i serbi ancora presenti nella parte nord di Mitrovica. Nel resto del Kosovo, invece, quella che un monaco ortodosso ha definito “pulizia etnica” si è quasi del tutto completata: se da una parte per i serbi non c’è possibilità di dimostrare il diritto di proprietà di immobili per intoppi burocratici, dall’altra diventa sempre più difficile curarsi nelle enclave dove le medicine non arrivano più. Bloccate, anche loro, da una questione burocratica di permessi non riconosciuti.

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