Mar 17, 2011
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L’Unità d’Italia 150 anni dopo Pontelandolfo e Casalduni

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By Cybergeppetto

Io sono orgoglioso di essere italiano, ritengo di essere fortunato a essere nato in una comunità unita.

Tutto questo non m’impedisce di ricordare che l’unità d’Italia si compì anche a prezzo d’ingiustizie, crimini e cospirazioni che non erano volte al fine di unire gli italiani, ma servivano a tutelare gli interessi di logge massoniche, burocrazie corrotte e di una dinastia che si sarebbe rivelata la peggiore d’Italia.

In questo giorno in cui si celebra l’unità mi pare il caso di ricordare anche quelli che sono stati ignorati dalla retorica risorgimentale e che non sono mai stati ricordati, se non tardivamente e sporadicamente, dalla storiografia ufficiale.

Mi riferisco, a titolo d’esempio, ai novecento abitanti di Pontelandolfo e Casalduni, trucidati per ritorsione perché alcuni di loro avevano partecipato a un attacco dei “briganti” contro una compagnia del 36° reggimento di linea dell’Esercito piemontese, in cui trovarono la morte quaranta soldati.

Il Generale Cialdini, tristemente noto per altri episodi simili, diede delle direttive molto chiare al Maggiore Melegari, comandante del reparto che compì l’eccidio : “Desidero vivamente che di questi due paesi non rimanga più pietra su pietra. Ella è autorizzato a ricorrere a qualsiasi mezzo, infliggendo a quei due paesi la più severa punizione”.

La strage fu compiuta il 14 agosto del 1861.

Le vittime di quell’eccidio rappresentano tutte le sofferenze alle quali furono sottoposti tanti italiani che erano colpevoli di non acclamare il nuovo Re. Le più recenti ricerche storiche rendono loro un po’ di giustizia in quanto dicono chiaramente che, soprattutto al sud, molte persone innocenti furono uccise o torturate o spogliate dei loro averi e condannate a una dura esistenza fatta di miseria in quella parte della penisola in cui ora si viene a sapere che c’erano le maggiori ricchezze d’Italia e l’economia migliore.

L’Italia incominciò la sua storia di unità politica con una guerra civile, oggi si chiamerebbe resistenza; nelle guerre civili non ci sono innocenti o colpevoli, ma solo opposti schieramenti che, in misura diversa, si macchiano degli stessi crimini.

Molti soldati impegnati nella repressione del “brigantaggio” furono decorati con medaglie al valore per i crimini che commisero.

C’è una sola cosa che può unire l’Italia e gli Italiani: la verità. Se si intende, come si sta facendo, riproporre in salsa moderna la storia improbabile di un popolo che anelava all’unificazione e che sostenne il “re galantuomo” nell’edificazione della Patria, beh, non ci siamo, è la solita storia scritta dai vincitori, piena di pregiudizi, priva degli argomenti scomodi che, anche quando vengono alla luce, sono sempre sottaciuti o minimizzati.

Quello che successe nei primi decenni del Regno d’Italia segnò la nascita della questione meridionale. L’Italia è un concetto troppo importante e antico per essere sporcato da menzogne e inconfessabili verità.

Gli abitanti della penisola saranno veramente uniti solo quando si spiegherà alle giovani generazioni che l’Italia è la nostra Patria alla quale tanti prodi hanno donato la loro vita, ma che nel suo nome tanti uomini indegni hanno commesso i crimini più odiosi.

Cybergeppetto

p.s. Una delle vittime dell’eccidio torna sulla terra nel giorno del 150° anniversario dell’Unità, sale al sacello del milite ignoto, gli stringe la mano e fa per andarsene. Il milite gli dice: “Rimani con me, anche tu hai fatto l’Italia”. “Ti ringrazio – risponde l’altro –  ma io sono come il tuo nome, non esisto nella storia d’Italia. Comunque, grazie!”.

Foto: Wikipedia

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Inchiostro antipatico