Mar 24, 2013
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Marò: ma quale figuraccia internazionale, sembra piuttosto un voto di scambio

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L’orrore delle prime reazioni mediatiche italiane alla spedizione in India dei due fucilieri di Marina del reggimento San Marco, i marò sotto accusa dalla giustizia indiana per l’uccisione di due pescatori del Kerala, si è accompagnato alla considerazione dell’aggravamento dell’immagine del nostro paese sul piano internazionale.

Ciò è comprensibile, in quanto il timore che l’Italia appaia ora più debole e incerta sul piano internazionale è certamente legittimo. Ma non sembra essere altrettanto fondato. Non sul piano dell’influenza mediatica occidentale, almeno.

Al di fuori di qualche articolo di cronaca e qualche riferimento alla vicenda, che sono agevolmente rintracciabili sugli archivi online di BBC e CNN, la questione dei marò non sembra essere così rilevante sul piano internazionale, quello autorevole e che fa tendenza, intendo.

E infatti non lo è. Secondo una regola giornalistica di rilevanza, innanzi tutto, che tiene in conto ciò che ha valore in rapporto al target di diffusione dei media e, quindi, all’interessamento reale di chi poi se lo va a comprare, il giornale.

Secondo un interesse internazionale, poi, dato che i rapporti Italia-India non rappresentano un elemento di principale attrattiva quale sarebbe lo stesso rapporto tra potenze di rilievo o strategicamente interessanti, penso a Israele, Stati Uniti, Russia e, ai nostri giorni, Siria ed Egitto.

La riprova che la questione non interessa neppure i nostri vicini europei è confermata dalle dichiarazioni di Catherine Ashton, la baronessa rappresentante della politica estera dell’Unione Europea, in risposta alla lettera del gruppo facebook Ridateci i nostri Leoni: “Non sarebbe corretto per l’UE intervenire in una questione che è posta dinanzi alle competenti istanze giudiziarie di uno Stato Straniero.” L’Europa dà appoggio alla lotta alla pirateria, ribadisce il documento di risposta. Nessun dubbio, quello sì ha rilevanza internazionale.

Se poi si va oltre oceano, negli Stati Uniti, la prima cosa che ti chiedono i tassisti non è come stiano andando i rapporti con l’India, ma piuttosto come va la nostra economia e cosa caspita abbiamo intenzione di fare con il nostro governo.

Quello sì che rappresenta un elemento di interesse, perché l’economia italiana – e questo me lo ha confermato recentemente un conoscente che risiede nei Paesi Bassi e che lavora in una multinazionale – è il vero elemento di interesse sia in ambito europeo che statunitense. Siamo la quinta potenza economica nel mondo, questo è l’elemento concreto che davvero interessa la locomotiva globale.

Con questo non intendo dire che i marò non siano di interesse. Lo sono, certo che lo sono, ma solo sul piano interno. Italiano e indiano. Il fallimento della trattativa con l’India, questo “calare le braghe” che ha ricordato a molti una riedizione dell’8 settembre 1943, è un fallimento tutto nostro nei rapporti con l’India. Una notizia che può avere rilevanza giornalistica in India e in Italia.

Avrebbe potuto avere rilevanza internazionale se solo l’Italia avesse giocato fino alla fine la partita a scacchi – già vinta – con l’India, portando lo scacco matto della non restituzione dei marò per spingere l’India ad attuare la minaccia ventilata di togliere l’immunità diplomatica all’ambasciatore italiano a New Delhi, Daniele Mancino.

Allora sì che la relazione tormentata tra Italia e India sarebbe salita alle cronache internazionali occupando le prime pagine.

Perché l’India avrebbe disconosciuto la Convenzione di Vienna, di interesse internazionale, indirizzando minacce concrete a un rappresentante diplomatico. E la diplomazia è questione globale, se toccata si toccano gli interessi di qualsiasi stato del globo. Una rilevanza della notizia indiscutibilmente internazionale, non solamente sul piano mediatico.

La figuraccia non è dunque con l’Europa o con gli Stati Uniti, né tantomeno appare esserlo con l’India, paese che ha dimostrato di non avere una condotta chiara e lineare, per la mancata traduzione in inglese degli atti processuali relativi all’accusa ai marò, in primo luogo, per tutte le scorrettezze che ne sono seguite poi e per la messa in discussione, novità di ieri, e oggi ritrattata, della parola data per iscritto di non applicare la pena di morte nel caso i marò vengano dichiarati colpevoli dal tribunale indiano.

L’unica figuraccia che ha fatto l’Italia è con il proprio popolo. È con gli stessi marò, che sono rientrati in patria per dare il voto a chi poi li avrebbe rispediti in India dopo aver battuto la grancassa della non restituzione in virtù del diritto internazionale.

Questo mangiarsi e rimangiarsi la parola da parte dei vertici diplomatici, militari e politici italiani potrà essere ricordata nel futuro sul piano internazionale qualora l’India dovesse diventare quella gran potenza globale che vorrebbe essere. Perché allora sarà una potenza cresciuta sulle scorrettezze consentite e corroborate dalla debolezza dei vertici dell’Italia.

Il problema, dunque, è tutto nostro. Più che una figuraccia sul piano internazionale c’è invece il timore che la consegna dei due marò rappresenti una sorta di voto di scambio. Sullo sfondo c’è l’ombra dello stallo che si è venuto a creare con l’Agusta Westland per il contratto degli elicotteri che l’India dice di aver sospeso dopo la questione delle tangenti pagate dall’allora ad, Giuseppe Orsi, all’ex capo di stato maggiore dell’Aeronautica indiano, Sahsi Tyagi, notizia riportata dalle cronache giudiziarie dei due paesi.

Una situazione che potrebbe costare cara alla Agusta Westland, del gruppo Finmeccanica, non soltanto per l’affare messo in discussione dopo il lauto incoraggiamento già versato, secondo quanto ci ha fatto sapere la cronaca recente, ma perché in questo modo, e con l’implicazione dei vertici coinvolti nella vicenda giudiziaria, rischia di passare nelle mani degli inglesi della Westland, che ancora non hanno digerito di aver perso il loro impero e male hanno tollerato l’uscita di scena da una joint venture originariamente paritaria.

Questa, semmai, è l’unica implicazione, ora, sul piano internazionale.

E ancora di più preoccupa questa consegna se solo si prova a ipotizzare l’aspettativa di chi attende di conoscere il destino del contratto in sospeso: fa rabbrividire l’idea che qualcuno possa essere in attesa di conoscere la reale efficacia del sacrificio umano appena compiuto.

Ancor più triste appare la faccenda se si avvicina a questo bisbiglio il rumor che sta circolando in facebook a corredo di una foto dei due sfortunati marò. Nella didascalia viene fatto riferimento al ministro della Difesa, che si sarebbe “battuto come un leone in consiglio quel pomeriggio maledetto” e alle “sabbie mobili della politica, degli affari e della pavida/viscida Cooperazione allo sviluppo”; alla richiesta di maggiori chiarimenti la risposta viene procrastinata a martedì prossimo, quando si svelerà il tutto.

Dunque proprio nei prossimi giorni, se l’indiscrezione è fondata, sapremo cosa ha determinato l’immolazione dei due fucilieri della Marina Militare Italiana. Chissà, magari sì sarà una notizia di rilevanza internazionale.

PC

Foto da facebook

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