Mar 2, 2014
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Tra Russia e Stati Uniti. Storia della Georgia indipendente, M.Antollovich/6

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By Marco Antollovich

Cap.2.3.2 della tesi “Tra Russia e Stati Uniti. Storia della Georgia indipendente” (M.Antollovich)

La Georgia nel Caos: il ruolo di Edward Shevardnadze. La questione abcasa

All’arrivo di Shevardnadze anche in Abcasia la situazione sembrò, per un breve periodo, migliorare. Venne autorizzata l’apertura di un’università abcasa, di stazioni radio e stazioni televisive in lingua abcasa e la pubblicazione di riviste che non fossero necessariamente in georgiano o in russo.

Quando tuttavia il conflitto in Ossezia del sud sembrava volgere al termine, si susseguirono una serie di attacchi contro la ferrovia georgiana in Abcasia. Secondo la maggior parte degli storici georgiani si trattava di una provocazione di Ardzimba, l’allora leader abcaso, pronto a scatenare un vero e proprio conflitto.

L’Abcasia aveva inoltre nuovamente espresso la volontà di reinstaurare la costituzione abcasa del 1925, mozione respinta dal parlamento georgiano il 25 luglio 1992. Il 14 agosto del 1992 Kitovani marciò alla testa di un contingente di 3.000 uomini per riportare ordine nella regione secessionista. Tale intervento tuttavia non risultava totalmente giustificato, né aveva ricevuto l’approvazione di Shevardnadze, il quale ammise che esistevano “delle intenzioni non manifeste” che avevano spinto Kitovani ad attaccare l’Abcasia.

Più precisamente buona parte dei traffici illeciti georgiani avevano come sbocco preferenziale il vastissimo mercato nero russo: la ferrovia che attraversava l’Abcasia arrivava direttamente a Soci, evitando il tortuoso passaggio attraverso i monti del Caucaso e non è un mistero che Kitovani e Joseliani fossero legati alla criminalità organizzata georgiana. Kitovani, inoltre, come riportato eufemisticamente dallo storico Chervonnaya, “non mostrò una gentilezza angelica” durante l’intervento.

L’ Abcasia decretò la mobilitazione generale, ma le truppe georgiane riuscirono a sfondare, entrando a Sukumi, aiutate da irregolari zviadisti. Gli Zviadisti, sostenitori del’ex presidente Gamsakhurdia (in esilio in Cecenia) preferirono infatti, in un primo momento, sostenere la fazione georgiana piuttosto che i separatisti abcasi, coerentemente con il loro credo nazionalista; mossero dunque dalla loro roccaforte di Gali, in Mingrelia, per unirsi alle forze di Kitovani. Sukhumi venne conquistata, sebbene Gamsakhurdia avesse proibito agli Zviadisti di unirsi all’esercito georgiano.

Il 2 settembre venne decretato il cessate il fuoco. Nonostante l’arrivo di un gruppo di osservatori delle Nazioni Unite (circa 50 membri), il conflitto riprese con intensità crescente. La ripresa delle ostilità era dovuta in gran parte al voltafaccia degli Zviadisti, i quali combattevano ora con gli irregolari abcasi per reintegrare il loro leader in esilio e non erano vincolati dal cessate il fuoco, dichiarato solo dalle milizie georgiane e abcase.

Per la prima volta si unirono alla coalizione abcaso-zviadista migliaia di volontari provenienti dal Nord Caucaso. L’Abcasia, la cui popolazione era musulmana sunnita ed etnicamente molto più vicina alle popolazioni russe (qui non si intende etnicamente russe, ma facenti parte della Federazione Russa) del Caucaso che non ai Georgiani, ricevette consistenti aiuti da Daghestani, Ingusceti, Circassi e irregolari ceceni che avevano fondato il movimento della “Confederazione dei Popoli di Montagna”.

Dopo l’abbattimento di un Su-27 russo, la Georgia ebbe la certezza che la Russia appoggiasse indirettamente i secessionisti abcasi. Nel settembre del 1993 cominciarono a militare nelle fila dei separatisti anche reparti speciali dell’esercito russo, sebbene da Mosca giungessero ferme smentite, accompagnate da dichiarazioni di solidarietà all’integrità territoriale georgiana.

In realtà il fatto che gli Abcasi ricevessero un consistente contributo dai russi risulta un elemento incontrovertibile e comprovato. Agli Abcasi fu concesso di rifornirsi dalla base militare russa di Gudauta, unica base Russa in territorio abcaso, complici molti generali dell’esercito russo che vedevano in Shevardnadze un traditore (Shevardnadze era stato Ministro degli Esteri dell’ Unione Sovietica sotto la presidenza Gorbaciov ed uno dei maggiori sostenitori e promotori delle riforme strutturali che avevano portato allo smembramento dell’ Urss. I più conservatori tra i politici e i militari russi vedevano dunque in Shevardnadze un traditore della patria e dell’ortodossia comunista).

Nel marzo 1993 la testata russa Izvestia confermava il fatto che le forze separatiste avessero ricevuto 72 carri armati e mezzi di artiglieria pesante dai Russi. Nel 1993 la sola città di Sukhumi venne assediata quattro volte. Il 27 luglio 1993 Mosca riuscì a definire il cessate il fuoco e l’allontanamento di tutta l’artiglieria pesante attorno al capoluogo. Sebbene entrambe le parti avessero aderito formalmente, soltanto Shevardnadze rispettò la parola data. Il 16 settembre, approfittando del vantaggio così scorrettamente ottenuto, le truppe abcase sferrarono un ultimo assedio a Sukhumi, che capitolò undici giorni dopo. Nelle settimane che seguirono, 232.000 georgiani furono espulsi dal territorio abcaso dalle truppe di Ardzimba dando vita a una vera e propria pulizia etnica. In quei giorni 4.465 georgiani furono uccisi.

Come, a seguito delle violenze perpetrate in Ossezia del sud, i Georgiani erano stati accusati di genocidio, così ora i Georgiani accusavano gli Abcasi dello stesso crimine.

Il cessate il fuoco prevedeva il dispiegamento di un contingente di pace lungo il confine abcaso-georgiano: considerando che né l’ Unione Europea né le Nazioni Unite erano disposte a stabilire una missione di peacekeeping in loco, si offrì Volontaria la CSI, Comunita degli Stati Indipendenti, composta da Russia, Armenia, Azerbaigian, Bielorussia, Tagikistan, Kazakhstan, Uzbekistan, Tagikistan, (Ucraina e Turkmenistan non hanno mai ratificato il trattato); il mandato di peacekeeping, formalmente sotto tutela della CSI, prevedeva il dispiegamento in campo del solo contingente di pace russo. Tremila soldati russi (che non avevano formalmente preso parte al conflitto) furono stanziati lungo il confine.

Le Nazioni Unite misero a disposizione cento osservatori disarmati in territorio georgiano. L’Abcasia venne posta sotto embargo dalla stessa CSI (gennaio 1996) e vennero chiusi i confini con la Russia.

L’isolamento abcaso sarebbe durato fino al 1999 e sarebbe costato alla nuova repubblica all’incirca 11 miliardi di dollari. Il conflitto con l’Abcasia era dunque terminato, ma non quello contro gli Zviadisti, che si accingevano a riconquistare l’ormai indifesa Georgia. Questa volta, tuttavia, giunse a Shevardnadze l’inaspettato aiuto di Mosca; un aiuto certamente non disinteressato. L’esercito georgiano in brevissimo tempo, supportato da irregolari russi, sconfisse la milizia zviadista, che si ritirò in Abcasia e lo stesso Gamsakhurdia uscì di scena, suicidandosi misteriosamente nel suo rifugio in Cecenia. Sebbene la stessa moglie del ex-presidente avesse testimoniato una forte depressione nel marito, il suicidio, per le modalità e le tempistiche con cui venne commesso, lascia presumere una partecipazione russa all’atto estremo.

Il prezzo che i Russi chiesero a Shevardnadze per l’aiuto fornito fu tuttavia molto elevato, poiché la Georgia dovette entrare a pieno titolo nella Comunità degli Stati indipendenti il 9 ottobre 1993. Dovette inoltre siglare nel febbraio del 1994 un accordo di amicizia con l’ingombrante vicino russo, accompagnato dalla firma di trattati economici, dal consenso alla permanenza di militari russi nelle ex-basi sovietiche e dall’accettazione del russo Grachev come ministro della Difesa.

Marco Antollovich

Seguirà L’ epoca di Shevardnadze

Il post precedente è al link: Tra Russia e Stati Uniti. Storia della Georgia indipendente, M.Antollovich/5

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