Dic 10, 2014
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La “risorsa Mediterraneo”: l’unico obiettivo di interesse nazionale che ci è rimasto

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By Giovanni Pallotta

Il capoluogo isontino sicuramente non è la prima meta balneare cui si pensi, eppure per un giorno è stata la città marittima più importante d’Italia; non per uno spostamento delle acque bensì per l’incontro “Il ruolo strategico del mare per la sicurezza e l’economia dell’Italia”, organizzato dall’Università di Trieste [lo scorso 2 dicembre, ndr] e che tra i vari relatori di altissimo livello ha visto un oratore d’eccezione, il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare, l’Ammiraglio Giuseppe De Giorgi.

Le sue parole sono state molto dirette, lasciando poco spazio a interpretazioni: il Mar Mediterraneo è una risorsa imprescindibile per il sistema Paese, sia economicamente che militarmente, nessuna politica estera seria può prescindere da questo assioma e per sostenere una tale politica è necessario dotarsi dei mezzi adeguati.

Nel corso del suo intervento, durato circa un’ora, l’Ammiraglio ha analizzato con lucidità la situazione di estrema crisi in cui versa la Marina Militare; per dare qualche numero basti pensare che il numero totale delle navi italiane ammonta a 60, ponendo il nostro Paese a grande distanza dalle più numerose e “pesanti” marine storiche del Mediterraneo, come quella inglese, francese e spagnola. La situazione è ancora più complessa considerando che di queste 60 navi, solo 20 sono effettivamente operative, diminuendo ancor di più le possibilità di intervento e di efficacia della Forza Armata.

Considerando la situazione, il piano di investimenti che si pone la Marina è estremamente ambizioso: investire 10 miliardi di euro in 10 anni.

Le navi da costruire sarebbero tutti progetti rigorosamente “Made in Italy” permettendo, in caso di vendita dei progetti, ulteriori introiti che consentirebbero di alleviare ulteriormente lo sforzo per l’investimento sostenuto.

Le nuove navi saranno dotate di propulsori eco-friendly e saranno tutte idonee a condurre sia operazioni militari che in soccorso in caso di calamità o per interventi umanitari.

La conclusione dell’Ammiraglio è stata tuttavia amara, arrivando a paragonare il marinaio italiano al panda simbolo del WWF; in sintesi perdere quest’ultima possibilità di rilancio e di investimento strategico rappresenterebbe la fine stessa della Marina, destinata di fatto a non aver futuro.

Nelle difficilissime sfide che attendono a livello geopolitico l’Italia, il sorgere del Califfato in Libia, il deteriorarsi dei rapporti con la Russia, l’aumento esponenziale dei traffici illegali di persone, siamo sicuri che il nostro Paese possa permettersi di rinunciare definitivamente all’unica Forza Armata capace di presidiare l’unico obiettivo di interesse nazionale che ci è rimasto, ovvero il mare?

Al Parlamento italiano l’ardua sentenza.

Giovanni Pallotta

Articolo correlato:

Marina Militare: un seminario dell’Università di Trieste a Gorizia sul ruolo strategico del mare per la sicurezza e l’economia dell’Italia (2 dicembre 2014)

Foto: Marina Militare

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Forze Armate · Giovanni Pallotta