Nov 11, 2012
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La semantica di “stronzo”

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By Vincenzo Ciaraffa


Pervasi da tardive pulsioni moralistiche, qualche anno fa, molti politici s’indignarono perché Fini, parlando a Roma a dei giovani immigrati, fece uso dell’epiteto “stronzo”. Il Presidente della Camera, infatti, nella circostanza aveva suggerito all’uditorio il noto epiteto per etichettare un razzista e che, secondo quanto sosteneva Montanelli nella sua “Storia d’Italia”, deriverebbe dal latino truncus o dal longobardo struntij, finendo con ingenerare altra confusione nella testa di che aveva una conoscenza approssimativa dell’italico idioma.

“Stronzo”, in fondo, è un termine che affibbiamo a chi usa doti individuali in modo individualistico o, se preferite, i beni della comunità di appartenenza  in modo individualistico: è tale il compagno di banco studioso ma che non ci fa copiare, il superiore in gamba che, però, fonda il proprio comportamento sull’esasperazione della gerarchia, la belloccia che la dà a tutti eccetto che a noi, il politico che svende ai parenti un bene che è di tutti.

In effetti, il termine sprezzante e sbrigativo per classificare un razzista dovrebbe essere fascista. Ovviamente Fini si guardò bene dal dire al giovane uditorio (scarso in storia del nostro Paese…) che quel termine lui non poteva suggerirlo perché  – fino a qualche decennio  prima –  era stato seguace e ammiratore di un fascistone in orbace che delle stronzate ebbe il monopolio per vent’anni.

Probabilmente, con questo chiarimento storico e semantico, abbiamo agevolato l’integrazione razziale più di quanto non fece Fini a suo tempo giacché, come asseriva Enzo Biagi, parlandone seriamente sarebbe difficile fare comprendere a uno straniero un Paese come l’Italia dove la stessa cosa si chiama uccello al Nord e pesce al Sud.

Com’è destino dei nostri politicanti, al Presidente della Camera è toccato di rimanere seppellito dalle sue stesse parole appena qualche anno dopo averle pronunciate.  Il 5 novembre scorso, nella basilica di San Marco a Roma, mentre tentava di partecipare ai funerali di Pino Rauti, già segretario del MSI e fondatore di Ordine Nuovo, Fini è stato accolto da una folla inferocita di nostalgici missini e ne sarebbe uscito sicuramente malconcio se non fosse stato per la sua scorta. Che cosa rimproveravano a Gianfranco Fini i missini duri e puri e perché proprio ai funerali di Rauti?

Quest’ultimo, oltre a essere stato l’oppositore interno sia di Almirante, sia di Fini ai tempi dell’MSI, fu un grande pasticcione dal punto di vista ideologico (cercò di coniugare la Destra con la Sinistra…) e uno sprovveduto da quello politico, ma di una coerenza piuttosto rara nel nostro Paese.

Al contrario di Fini, il “rottamatore” ante litteram che, dopo aver liquidato l’MSI, dopo aver accantonato l’infelice esperimento elettorale dell’Elefantino, dopo aver polverizzato l’adesione al PDL, ha buttato nel cesso anche la propria attendibilità quando non è riuscito a spiegare agli italiani com’è stato che una casa di Montecarlo di proprietà del partito sia andata a finire al cognato.

Bisogna ammettere che nella basilica di San Marco, dove si celebravano i funerali di una persona che, a modo suo, fu molto coerente, ve n’era di polvere pirica pronta a prendere fuoco all’apparire di Fini che, forse, nella circostanza ha maledetto Nemesi, la dea della giustizia e della vendetta per gli antichi greci. Infatti, dagli insulti e dalle parolacce (molte delle quali irriferibili) a lui destinate dagli irriducibili missini una  aleggiava su tutto e su tutti: “stronzo!”.

Vincenzo Ciaraffa

La vignetta è di donfrengo.wordpress.com

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