Ago 5, 2012
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Fregola da ferie per executive officer

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By Sugar Lady

Io lo dico sempre: poveretti quelli che devono lavorare. Con questo caldo, poi. Gli si frigge il cervello come una sottiletta di formaggio sulla piastra delle crêpes.

Brutta cosa il lavoro. Se poi sei un executive di un’azienda governativa, e magari di cervello ne hai già poco, cosa ci metti sulla piastra a friggere? Qualcosa ti dovrai pur inventare.

Anche perché, diciamolo, gli executive officer di queste aziende di norma non fanno poi un granché. Sembra che si diano un gran daffare, ma in realtà scappano da un continente all’altro per sfuggire a qualche segretaria che li ha presi troppo sul serio. E che pretende quanto promesso nell’ingannevole momento di spensierata gloria adolescenziale del capo.

Così, se proprio devono far vedere che lavorano, questi executive devono raffazzonare qualcosa al volo. Giusto per soddisfare quello che per gli uomini comuni è amor proprio e che per questi eager beaver dell’ultimo minuto, invece, è diventata una tachicardica ansia da prestazione.

E che ti inventano lì per lì, visto che non sanno neppure di cosa devono occuparsi nella filiale in cui gli tocca una capatina? Semplice! Si appropriano del lavoro altrui.

Ho avuto la fortuna di poter recentemente apprezzare, nel mio fecondo fancazzismo itinerante, lo zelo di un canuto boss che alla guida della solita anonima berlinona scura aziendale a vetri oscurati gioca a fare l’addetto alla sicurezza dell’impianto, mobbizzando idealmente chi là dentro la sicurezza la fa sul serio 24/7 su fantasiossime utilitarie decorate a colori sgargianti.

Incastrato nella sua portaerei nera in una curva tra le aiuole – forse innervosito dall’inchiesta del solito magistrato impiccione, che non manca mai, e sicuramente seccato dal pragmatismo dell’altra metà della dirigenza che chiede prodotti tecnicamente affidabili, più che esteticamente modaioli – il capo della baracca abbassa il vetro per gracchiare Signora, perché ha lasciato la macchina lì?

Ops, ha ragione l’anziano signore. Quella è l’area delle segretarie degli executive! Che devono lasciare l’auto all’ombra per garantire la costante freschezza di un salvaslip in freezer.

L’anziano boss era visibilmente in preda a un desiderio di lavorare improvviso, innescato dalla necessità di dimostrare virile capacità manageriale a chiunque, anche al giardiniere – che invece dalle segretarie in cerca di giustizia non sfuggirebbe mai.

Solo qualche ora prima, poco dopo il whisky del dopocena, aveva convocato un meeting per l’alba. Presto, presto che poi ci sono le ferie. Facciamo vedere che noi lavoriamo sodo qui! Io lavoro così sodo che in filiale mi vedete solo quando si va in vacanza!

Non mi è passata inosservata la sua fregola. L’ho rassicurato, l’anziano boss. Comprendendo la sua difficoltà a inventarsi qualcosa da fare per calmare la sua sete di potere – al meeting, infatti, non si stava presentando nessuno! – gli ho assicurato che avrei fatto spostare l’auto.

Stordito dalla palla che gli ho sparato ringraziandolo per la zelante segnalazione, se ne è andato con il sorriso. Soddisfatto. Appagato, direi, come se il suo gracchiare avesse finalmente testimoniato il climax di un piacere da lungo tempo anelato e improvvisamente diventato sfuggevole realtà.

Peccato però che non sia nemmeno riuscito a farlo bene il lavoro degli altri. L’executive in fregola da ferie, infatti, non ha neppure controllato se poi l’avessi spostata davvero la macchina: l’ho guardato allontanarsi da dietro i vetri della caffetteria dove il meeting c’era davvero. Sì, quello solito di tutto l’anno. Alle vending machine!

Sugar Lady

Il Ken in giacca e cravatta della Mattel è del blog di Pamela De Lorenzi

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