Mar 13, 2022
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Forze Armate in scala: il Posto Comando dell’unità di artiglieria corazzata

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By Mithra (LZ Scale Modeling)

In quest’articolo completiamo la descrizione di alcune varianti di mezzi cingolati, realizzate dal nostro esercito durante i due decenni seguenti la fine della Seconda Guerra Mondiale per soddisfare le esigenze particolari proprie dell’Arma di Artiglieria.

L’ampliamento organico dell’Esercito Italiano, condotto a seguito dell’evolversi del contesto internazionale caratterizzante gli anni ’50 e ’60, comportò, anche, il conseguimento di un elevato livello di meccanizzazione delle varie Armi che diede luogo alla costituzione di Grandi Unità (G.U.), del livello divisionale, corazzate e meccanizzate.

Per il supporto di fuoco di tali G.U. venne immesso in servizio un consistente quantitativo di artiglierie su scafo semovente costituito prevalentemente da materiale di origine statunitense (M7 e successivamente M44) e di origine anglo-canadese (Sexton), ritenute adeguate alle finalità e disponibili nei quantitativi necessari.

Nell’ambito di tale evoluzione ordinativa, al fine di garantire all’organizzazione per il comando e il controllo del fuoco la stessa mobilità e le stesse capacità tattiche dei mezzi erogatori, vennero adottate alcune configurazioni per l’espletamento delle differenti funzioni tecniche.

In particolare, per la funzione di osservazione e controllo del fuoco vennero immessi in servizio dei carri Sherman A4 opportunamente modificati (si tratta degli Sherman A.O.P. già trattati in questa rubrica, qui il link), mentre per le funzioni specialistiche relative alla preparazione tecnica e il calcolo dei dati di tiro vennero adottate delle soluzioni basate sullo stesso scafo del pezzo di artiglieria.

In relazione a tali scelte funzionali, la struttura del Posto Comando era realizzata, rispettivamente al livello:

  • della batteria, con un M7 (in alcuni casi un Sexton) privo dell’armamento principale (inizialmente vennero impiegati in tale ruolo gli Half track M3 – vds. precedente articolo);
  • del gruppo da due M7 dedicati all’U.T.G / A.U.T.G. (Ufficiale/Aiutante al Tiro di Gruppo);

Similmente, al livello del reggimento U.T.R. (Ufficiale Topografo di Reggimento) aveva in dotazione un altro M7 (vds. articolo precedente).

Come detto inizialmente, per concludere questa panoramica, quello che viene presentato è il modello dell’M7 A.U.T.G.; prossimamente, invece, saranno presentati i modelli dell’M7 in due versioni e di un Sexton, la cui realizzazione è in programma per questo autunno.

L’M7 dell’A.U.T.G. era un mezzo identico al suo originatore, la cui unica differenza era costituita dall’assenza dell’armamento principale e delle riservette munizioni di pronto impiego nella camera di combattimento. La saldatura di una piastra corazzata, a chiusura dell’apertura frontale che consentiva il brandeggio dell’obice, aveva consentito di ricavare un adeguato spazio per alloggiare la dotazione tecnica che la specifica funzione richiedeva per il suo assolvimento.

Nel particolare, infatti, erano previsti i seguenti materiali: un goniometro, un telemetro, due stazioni radio (RE 19 e 508) e due tavolette per il tiro, 2 telefoni campali, più strumentazioni tecniche e documentazione dottrinale.

Tenuto conto che lo scafo era identico a quello dell’obice semovente, la logistica e la preparazione tecnica degli equipaggi non presentava particolari problematiche.

Lo spazio interno era sufficiente per l’effettuazione di tutte le attività richieste e allo stesso tempo consentiva il trasporto di tutta la squadra senza dover ricorrere a veicoli aggiuntivi.

Questo per quanto attiene le specifiche del mezzo stesso, adesso invece concentriamo l’attenzione sulla realizzazione del modello.

Ho scelto un kit della Academy (M7 U.S. Howitzer Moto Carriage in scala 1/35 – #9.13210), in quanto un po’ più rifinito di quello dell’Italeri nello scafo e in alcuni particolari (gli stampi sono pressoché identici, forse pantografati) e per il fatto che offre alcuni particolari aggiuntivi (tra cui spiccano due Browning 0,50 particolarmente dettagliate e la possibilità di adottare due differenti tipologie di carrelli per il treno di rotolamento).

La costruzione è, tutto sommato, piacevole, priva di grandi problematiche e la buona qualità della stampa consente di avere una precisione ottima di tutte le componenti. Come nel caso del precedente dell’M7 per l’U.T.G., l’armamento principale e le riservette munizioni sono stati eliminati e con del plasticard è stata replicata la piastra anteriore.

Le successive modifiche hanno quindi interessato la riproduzione del materiale di dotazione.

Tutto, dal goniometro alla radio alle tavolette, è stato riprodotto in scratch mediante l’ausilio di una serie di fotografie che ho reperito sia da una pubblicazione dell’Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, sia dalla mia collezione privata.

Per aggiungere un tocco di originalità ho costruito il supporto che gli equipaggi degli M7 potevano utilizzare per avere un minimo riparo da condizioni atmosferiche avverse. Si tratta di una struttura tubolare modulare in dotazione al singolo mezzo, che veniva alloggiata sulle fiancate laterali, ma che spesso, come dimostrato in alcune fotografie, veniva migliorata (siamo un popolo di creativi e di geni, indiscussamente) mediante l’aggiunta di un longherone centrale che offriva una maggiore robustezza al tutto.

Altre piccole modifiche riguardano la sostituzione della griglia di aereazione del motore, di plastica nel kit, con una in metallo, l’eliminazione dei due contenitori per le maglie di cingolo di riserva, sostituite con una cassetta metallica porta dotazioni, la costruzione del cavo di rimorchio mancante nel kit usando filo di rame e un lavoro di improvement del posto di pilotaggio con l’aggiunta di una serie di particolari in scratch.

Inizialmente intendevo sostituire i cingoli dell’Academy in plastica (del tutto passabili in effetti, ma riproducenti un modello raramente utilizzato nei nostri reparti) con quelli della Bronco del modello T54 EI, più comune nell’Esercito.

Dopo alcune ore di certosino lavoro per assemblarli (bellissimi e riprodotti con stupendi particolari), dopo aver modificato leggermente le due ruote motrici in quanto i cingoli della Bronco risultano leggermente più larghi di quelli del kit, dopo averli verniciati con la massima attenzione e cura a mantenere le loro presunte caratteristiche di workability e , infine, dopo alcuni pazientissimi tentativi di inserirli sul mio modello, ho a malincuore desistito, vinto dalla tenacia dei suddetti cingoli a rifiutare categoricamente un  qualsiasi posizionamento sul treno di rotolamento.

Ho recuperato il set originario e l’ho inserito senza alcuna difficoltà!

Per vivacizzare il modello finito, sono andato a razzolare nella mia magic box e ho trovato, dopo un‘attenta selezione del personale, un paio di figurini la cui postura si poteva adattare al mio modello. Il primo proviene da un kit della MiniArt (British Armored Car Crew # 35069) mentre il secondo proviene da un venerabile kit Tamiya (Jagdpanzer IV L/70 lang #35088).

Un ampio ricorso estetico allo stucco epossidico e una testa della Hornet hanno consentito ancora una volta al dottor. Frankenstein che è in me di sopperire alla mancanza di figurini in uniforme patria reperibili sul mercato (con innegabile soddisfazione modellistica per l’opera compiuta e per il risparmio di budget!!!!).

La colorazione dell’M7 è quella canonica in olive drab, che ho cercato di rendere un po’ più accattivante usando un sistema di verniciatura basato sulla stesura, dopo una base di primer nero, di differenti tonalità di colore, molto diluite, in scala cromatica crescente (dal più chiaro al più scuro), e operando una scoloritura (mi si passi il temine) tra una mano e l’altra mediante l’uso di pennello inumidito di acqua solamente sfruttando la solvibilità delle vernici acriliche.

Le conseguenze dell’usura sullo scafo sono state ottenute con un uso di colori a olio applicati in differenti strati per simulare sporco, graffi, unto e usura.

Avendo intenzione di ambientare il mio mezzo in un terreno polveroso ma secco, l’effetto polvere, riprodotto come indicato dalle fotografie in mio possesso, è stato realizzato interamente a olio (ho scoperto un mezzo portentoso e divertentissimo utilizzando questo tipo di materiale).

Le insegne riproducono l’M7 usato dall’A.U.T.G. del III gruppo del 131° reggimento Artiglieria corazzata della Divisone Centauro e l’ambientazione è quella del poligono della zona di Langhirano, dove il reggimento spesso effettuava le sue scuole di tiro estive.

Con questa serie di modelli particolari (M3, M4 ed M7) ho voluto dare risalto a dei mezzi spesso trascurati, ma fondamentali per la realizzazione delle attività proprie dell’artiglieria e mi auguro di aver stimolato, nei miei colleghi modellisti, l’interesse nell’esplorare anche questo settore.

Mithra

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Il carro Sherman citato nell’articolo è a questo link

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Forze Armate in scala