Mar 12, 2013
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E’ cambiato tutto, non è cambiato nulla

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Ovvero come la politica italiana si comporta sempre allo stesso modo

By Cybergeppetto

E’ evidente a tutti come le recenti elezioni politiche, in cui si è prepotentemente affermato il partito del “vaffa”, abbiano rivoluzionato il cosiddetto “quadro politico” al punto che, secondo un copione non certo nuovo, la pubblica opinione assiste al triste minuetto di dichiarazioni, anatemi, lusinghe e negoziati sottotraccia che caratterizzano la politica italiana almeno dai tempi del parlamento del Regno di Sardegna e dello Statuto albertino.

Il fatto sconcertante è che l’attuale psicodramma che i partiti vivono si svolge secondo un copione sempre uguale a ogni inizio di legislatura e nemmeno le nuove formazioni sembrano aver capito che sarebbe utile parlare di meno e, magari, evitare di “fare l’onda” nel putrido mare in cui abbondano i rifiuti organici dell’ideologia, dello spirito di cosca, e, soprattutto, dell’interesse personale che si cela dietro le roboanti dichiarazioni a difesa di diritti che non riusciremo mai a dare ai nostri figli.

Innanzitutto è proverbiale la lentezza con la quale si muove la macchina amministrativa per cui dalle elezioni all’insediamento del parlamento ci vogliono venti giorni.

Siamo nell’era della tecnologia, della telematica e, quindi, abbiamo la possibilità di far le cose bene e rapidissimamente, ma evidentemente la nostra democrazia va al rallentatore, infarcita com’è di gente che ha il solo merito di avere un partito di riferimento.

Quando, finalmente, il parlamento si sarà riunito, saranno eletti i capigruppo e i presidenti delle camere, allora incomincerà il balletto delle consultazioni e dei mandati  “esplorativi”, minuetti poco edificanti in cui ogni partito fa le sue rivendicazioni in termini di poltrone perché tanto dei problemi da risolvere non gliene frega niente a nessuno.

L’Italia è un paese che, almeno dagli anni Settanta, spende molto più di quello che guadagna e, inevitabilmente, fallirà se non pagherà i debiti e se la pubblica amministrazione non si metterà in testa di erogare servizi ai cittadini piuttosto che poltrone ai raccomandati dei partiti. Ogni altra discussione è inutile se non si sottomette la politica all’aritmetica.

L’Italia è il paese in cui l’unica prospettiva di sopravvivenza per le imprese sta nella delocalizzazione, cioè nello spostamento all’estero, con conseguente licenziamento delle maestranze.

Il nostro ordinamento del lavoro, e il cattocomunismo di fondo che lo interpreta, hanno reso invincibili i prodotti cinesi, cioè quei prodotti che sono realizzati dal capitalismo comunista che non sa cosa farsene dei diritti dei lavoratori e inonda i mercati di schifezze d’ogni tipo che noi compriamo dovunque, anche dai venditori ambulanti riforniti dalla mafia cinese. Se non si cambia, è inutile parlare di legge elettorale o di improbabili redditi di cittadinanza.

Serve un buon numero di persone che parlino le lingue per fare i nostri interessi in Europa, all’ONU, alla World Trade Organization e in tanti altri consessi ancora, ma noi continuiamo ad avere come funzionari internazionali degli ex galoppini elettorali che sanno solo dire “denghiù”.

In tutto questo trambusto l’unico dubbio che rimane è se falliremo prima che Bersani e Grillo si mettano d’accordo o poco dopo.

Cybergeppetto

p.s. Non appena sentito il discorso di presentazione alle camere del governo italiano in cui si annunciava il cosiddetto “reddito di cittadinanza”, l’Agenzia Fitch ha definitivamente declassato il debito pubblico italiano a “Junk bonds” (spazzatura)…

Immagine di Barron’s

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Inchiostro antipatico