Gen 8, 2012
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“Un Esercito degno di questo nome” (III parte)

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Continua da “Un Esercito degno di questo nome” (I Parte e II Parte)

By Vincenzo Ciaraffa

In tutta sincerità, si fa fatica a ritenere competenti i nostri vertici militari, se essi non riescono a rendersi conto neppure di una contraddizione che hanno sotto gli occhi tutti i giorni, ovvero la contraddizione delle remunerazioni straordinarie.

Per chi non lo sapesse, infatti, ai militari spetta la corresponsione dello straordinario, come ad ogni lavoratore italiano. Ma essi non sono come tutti i lavoratori italiani! Stante l’atipicità del loro lavoro, infatti,  non sarebbe stata più economica per l’erario, oltre che più giusta ed omogenea, una specifica indennità fissa?

D’altronde, un Esercito che si ostina a pagare gli straordinari a professionisti che fanno un lavoro straordinario per tutta la vita, ha buone probabilità di finire in mano ad un curatore fallimentare.

Per i prossimi dieci anni, pertanto, la politica per le Forze Armate (se “armate” devono rimanere) dovrebbe essere quella del piede in casa e di finanziamenti costanti, per quanto risibili essi possano essere.

Sì, perché il vero problema che affligge l’organizzazione militare più che l’esiguità delle risorse disponibili, è la loro variabilità, variabilità che impedisce agli Stati Maggiori la realizzazione di un qualsivoglia tipo di programma, anche minimo e sul breve termine.

Perciò sarebbe auspicabile, una volta stabilita l’entità delle risorse possibili da assegnare alla Difesa, che esse restassero costanti almeno per un decennio.

La difficile contingenza economica sicuramente non consente grandi investimenti nel settore e, tuttavia, non si può pensare di far operare gli aerei senza carburanti, i carri armati senza manutenzione ed i militari senza un minimo di addestramento.

Ma per una reale presa d’atto dei problemi che stanno per immobilizzare il nostro dispositivo di difesa, occorrerebbe una classe politica più serena e vertici militari meno compiacenti, compiacenza che rasenta l’ignavia perché sembra tesa unicamente a non disturbare il manovratore.

E fingere che non esistano i problemi, non li elimina, anzi, si dà ad essi il tempo di aggregarne altri! Infatti, subito dopo quello delle difficoltà economiche, le Forze Armate saranno chiamate a sciogliere il nodo della selezione e del governo del personale, selezione e governo che andrebbero almeno rivisti, dal momento che si stanno riproducendo al suo interno i peggiori vizi della società civile, droga ed alcolismo inclusi.

Per carità, nessuno pensa che un Esercito di popolo come quello italiano debba vivere avulso dalla società come accadeva fino alla II Guerra Mondiale, ma sicuramente deve sapere incarnare la parte migliore del contesto sociale che lo esprime.

Ma questo è un problema riconducibile ai valori ed all’etica militare e, pertanto, andrebbe affrontato in una specifica trattazione, anche se al momento nulla ci vieta di interrogarci almeno su quali siano oggi l’etica ed i reali valori di riferimento delle Forze Armate italiane e, soprattutto, se essi vengono trasmessi.

In verità, qualcuno ha avanzato già da tempo seri dubbi sulla capacità di coloro che dovrebbero trasmetterli: “Occorre affondare il bisturi nella piaga ed affrontare gli errori e le colpe singole  e collettive che hanno trascinato l’Esercito così in basso nella considerazione degli italiani […] Oggi, se si vuole tentare di ricostruire un esercito, anche piccolo ma su solide basi, occorre anzitutto ricostruire la mentalità degli ufficiali richiamandoli […] a quelle vecchie tradizioni militari per le quali in tempo di pace è anzitutto un educatore ed animatore dei suoi soldati. Sino a quando in questo Paese saranno apprezzati e seguiti i furbi, anziché i diritti e gli onesti, non avremo un Esercito degno di questo nome”.

Queste parole sembrano essere state scritte ieri e, invece, sono state estrapolate da un discorso del Generale Raffaele Cadorna, Capo di Stato Maggiore del ricostituito Esercito italiano dal 1945 al 1947 quando, esempio poco imitato nelle nostre Forze Armate, si dimise dal suo alto incarico perché in disaccordo con l’allora Ministro per la Difesa.

In verità, sarebbe interessante partire proprio dal pensiero di Cadorna per capire come oggi vengono formati i Quadri dirigenti delle nostre Forze Armate, ma mettere troppa carne sul fuoco confonderebbe i problemi e le loro priorità.

Accontentiamoci, perciò, di concludere col rilevare la differenza di stile tra chi, pur denunciando una situazione disastrosa, si guarda bene dal trarne le dovute conclusioni, rimanendo abbarbicato al proprio incarico e  chi, invece, è stato capace di rinunziarvi per coerenza e rispetto del proprio ruolo.

Vincenzo Ciaraffa

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Il generale Cadorna è diwikipedia

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