Lug 17, 2012
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Marò, chi paga?

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By Cybergeppetto

Se la memoria non mi falla, dal 15 febbraio scorso, giorno dello sciagurato incidente in cui sono morti due pescatori indiani, noi stiamo affrontando una serie di costi relativi alla detenzione illegale di due marinai italiani, i Marò del San Marco.

“Pecunia non olet” dicevano i latini, sarà per questo che nessuno storce il muso quando riceve del denaro, o quando a pagare è lo Stato. Sarà per questo che non si parla di quanto costa ai contribuenti tutta questa vicenda.

Il pasticcio che la Compagnia di Navigazione Fratelli D’Amato ha combinato consentendo la consegna dei due marinai italiani proprio in un momento di crisi, tasse e sacrifici “lacrime e sangue”, passa del tutto inosservato sui media, che in questi giorni sono più interessati a capire chi saranno i candidati alla carica di premier per le elezioni del prossimo anno.

E’ difficile capire quanto ci costi questa storia, ho solo provato a mettere in fila alcune spese mensili, considerando che sono già quattro mesi che i “tecnici” del governo balbettano scuse inutili e cercano disperatamente e senza esito nelle loro mutande degli attributi da strizzarsi per far qualcosa.

Incominciamo dalle spese mensili, rispetto alle quali ho voluto esser cauto, ma i numeri sono sempre impietosi:

avvocati 10.000
albergo 18.000
vitto 3.000
visite funzionari ambasciata 8.000
visite funzionari ministero esteri / governo 10.000
varie (telefono, lavanderia ecc.) 1.000
totale 50.000

Volendo essere buoni, questa storia ci costa almeno cinquantamila euro al mese, che fanno duecentomila sino a oggi. Il fatto è che ci sono altri costi che, non essendo mensili, andrebbero calcolati a parte.

Mi riferisco:

  • ai contributi che abbiamo ammollato alle famiglie dei pescatori nella speranza, vana, di chiudere la cosa;
  • alla visita di alcuni ufficiali dei carabinieri che hanno partecipato a una parte della perizia balistica;
  • ai viaggi dei familiari, peraltro sacrosanti;
  • ai costi che, voglio sperare, sono e saranno sostenuti per svolgere l’attività investigativa che serve a smascherare gli interessi indiani che stanno dietro a un comportamento così indecente e in spregio del diritto della navigazione.

Secondo me questi soldi dovrebbe pagarli la Compagnia d’Amato, a cui dovrebbe essere inviata una bella cartella esattoriale per ricordare loro che si sono comportati come dei traditori della Patria, peraltro in buona compagnia visto che tanti funzionari, in Patria e in loco, hanno contribuito a infangare il nome d’Italia.

Giova ricordare, come ho fatto in passato, che la Compagnia D’Amato non è nuova ad appoggiarsi alle casse dello Stato, come è già avvenuto in passato per il sequestro della nave Savina Caylin.

Cybergeppetto

p.s. La Compagnia d’Amato ha deciso di accettare l’invito di Maria De Filippi al programma “C’è posta per te”, da indiscrezioni di stampa pare che Equitalia voglia leggere in trasmissione un’ampia e articolata nota spese.

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