Ott 4, 2004
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Kosovo, oggi come tre anni fa

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pubblicato da Pagine di Difesa il 4 ottobre 2004

prizren_2004I timori di Javier Solana (Alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza) sulla situazione del Kosovo sono i medesimi di tre anni fa. Le parole anche. Lo scorso 28 settembre, in occasione di un viaggio nella regione amministrata da cinque anni dalle Nazioni Unite, Solana ha espresso il suo interesse affinché i serbi partecipino al voto. “Ogni altra decisione diversa dal richiamo alla partecipazione – ha detto ai leader serbi – potrebbe essere considerata una decisione inaccettabile dalla comunità internazionale”. Un chiaro invito ad andare alle urne il prossimo 23 ottobre per contrastare lo spettro dell’astensione.

Nell’ottobre 2001, a un mese dalle “prime elezioni libere mai avute dal Kosovo”, come le ha definite l’International Herald Tribune due anni fa, Javier Solana era intervenuto a una conferenza internazionale finalizzata al raggiungimento di sicurezza e stabilità nella regione balcanica. Un meeting a porte chiuse curato dall’Aspen institute Italia. Già in quell’occasione il Kosovo era stato considerato un punto critico anche se “Pristina è una città risanata e l’atmosfera del paese è tranquilla”. Un po’ quello che ha detto Kofi Annan qualche giorno fa: la regione è “pacifica ma instabile”.

Gli scoppi di violenza dello scorso mese di marzo lo dimostrano. Quei disordini che hanno trovato impreparati i soldati tedeschi della Kfor per stessa ammissione del ministro della Difesa tedesco Peter Struck sono sintomatici di una intolleranza alla convivenza. Al punto che ancora una volta i serbi, etnia di minoranza in Kosovo, pensano seriamente all’astensione.

E se nel 2001 la comunità internazionale temeva un disimpegno degli Stati Uniti nei Balcani a causa degli attentati dell’11 settembre, oggi il pericolo è quanto mai concreto. “La decisione di Belgrado se chiamare i serbi al voto deve essere presa in tempo” ha affermato Marc Grossman, sottosegretario di Stato americano, annunciando che gli Usa considerano il voto come la condizione per continuare a garantire l’assistenza finanziaria alla Serbia-Montenegro.

La fermezza di Grossman nell’imporre una decisione urgente al presidente serbo Boris Tadic è durata però solo qualche ora. L’invito della chiesa serbo ortodossa diramato dall’Ansa nella serata del 1° ottobre ha spazzato via ogni indecisione. E ha tolto dai guai Belgrado esortando i partiti politici in Serbia a non incoraggiare alla partecipazione i serbi del Kosovo. “Niente di ciò che nel mondo civilizzato viene chiamato diritto dell’uomo, diritti democratici e dei cittadini esiste per i serbi del Kosovo” ha dichiarato il Santo Sinodo, governo della chiesa ortodossa.

A fondamento di questo invito c’è l’insoddisfazione per la mancata ricostruzione delle case distrutte nei disordini di marzo entro l’inizio della stagione fredda. “Il Governo ha fallito e con ogni probabilità le 4.000 persone che hanno perso la propria casa resteranno senza sistemazione”. Oltre alle abitazioni, anche una trentina di chiese sono state distrutte e “in cinque mesi non è stato speso un centesimo per la ricostruzione dei siti religiosi”.

Per affrettare la distribuzione degli aiuti alla riedificazione, lo scorso 27 settembre il governatore Onu Soren Petersen ha indirizzato al ministro per la Cultura Kosovo-albanese Bexhed Brajshori a Pristina una lettera di sollecito “su un tema di considerevole urgenza”. Oggi c’è timore di nuovi disordini. “In caso di mancata partecipazione dei serbi del Kosovo, le elezioni potrebbero addirittura peggiorare la situazione e far riemergere le tendenza più estremistiche” si era detto alla conferenza dell’Aspen tre anni fa.

Foto: materiale proprio

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2004 · Forze Armate · Kosovo · past papers